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Il sole amico o nemico?

  1. L’avvicinarsi dell’estate ripropone i dubbi su come difendersi da un’eccessiva esposizione solare. Occorre scegliere i prodotti giusti e applicarli nel modo corretto, oltre ad essere informati sui rischi che si corrono: tumori della pelle, in aumento, inclusi. L’abbronzatura non è vietata, ma è un «gioco» in cui bisogna seguire regole precise.

    SPF 15, 30, 50+. Latte, spray, emulsione, fluido, olio. Protezione UVA. Water resistant. Filtro chimico o filtro fisico. Per acquistare una crema solare occorre essere molto informati! Partiamo dall’inizio. A che cosa servono le creme solari? I prodotti anti-sole difendono la cute dai raggi ultravioletti, che sono dannosi se assorbiti in quantità eccessiva. I raggi da cui difendersi sono di due tipi: A e B. Gli ultravioletti A (UVA) hanno la capacità di penetrare in profondità, modificando la struttura delle cellule e provocando invecchiamento cutaneo, mentre quelli B (UVB) colpiscono la superficie dell’epidermide e sono responsabili di irritazione e bruciature.

    Risulta quindi evidente che dobbiamo difenderci sia da eritemi e ustioni che da macchie e tumori della pelle. Gli esperti sono concordi nell’affermare che l’esposizione intensa alle radiazioni ultraviolette rappresenta il fattore di rischio principale per l’insorgenza di melanoma, basalioma e spinalioma. Il melanoma è tipico delle persone che stanno chiuse in ufficio e d’estate, per 2-3 settimane, si mettono sconsideratamente al sole. Basalioma e spinalioma colpiscono invece di più chi subisce l’esposizione cronica, come marinai e agricoltori. Ma per salvarsi dal cancro non basta spalmarsi con il fattore 50+.

    Le creme non sono un talismano. Sono pensate per tutelare la pelle dalle ustioni provocate dai raggi ultravioletti e possono offrire una prevenzione contro i tumori, ma soltanto se scelte e usate bene e se associate a comportamenti che permettono di limitare l’esposizione ai raggi solari.

    Conferma di ciò viene dai dati che affermano come le persone utilizzino sempre di più prodotti protettivi, ma i tumori della pelle siano in costante aumento. Il sole poi è in buona compagnia sul banco degli imputati. Secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (IARC), il ricorso alle lampade abbronzanti al di sotto dei 30 anni fa aumentare il rischio di melanoma del 75%.

    Destreggiarsi nella scelta della giusta protezione solare per la propria pelle non è facile. Occorre tenere in considerazione non solo l’indice SPF (Sun Protection Factor, fattore di protezione solare, da 6 a 50+) che misura la capacità di filtrare i raggi UVB, ma anche il valore della copertura dai raggi UVA che non è indicato con la stessa chiarezza: può essere descritto come «protezione UVA molto alta» o con la sigla PPD, ovvero Persistent Pigment Darkening, pigmentazione persistente. In altri casi sulla confezione viene riportata la dicitura UVA all’interno di un cerchio: secondo la normativa europea, ciò significa che la protezione dai raggi UVA è almeno un terzo dell’SPF indicato.

    Nonostante tutto acquistare una crema con filtro 50+ bilanciato UVA non ci mette totalmente al riparo dai danni alla cute. Infatti, lo schermo protettivo nella pratica risulta essere più basso di quanto si pensi perché nessuno applica il prodotto nella quantità in cui è stato testato per stabilire il fattore di protezione (2 milligrammi per centimetro quadrato di pelle) circa 40 grammi in totale per un adulto. Quindi un flacone di medie dimensioni sarebbe sufficiente solo per una persona ogni giorno. Soltanto se utilizzata in questo modo, la 50+ offre davvero la copertura promessa, lasciando passare meno del 2 per cento dei raggi UVB. Per come vengono mediamente usati, gli anti-sole, inclusi i 50+, non superano, come SPF, il valore reale di 4-6. Un altro problema è che anche se applico una crema con buona protezione dai raggi B ma senza (o con scarsa) copertura dai raggi UVA e trascorro più tempo al sole, pur non ustionandomi, assorbo un quantitativo gigantesco di ultravioletti di tipo A, con un danno ossidativo che le mie cellule non riescono a riparare. È importante sapere che in natura i raggi UVA sono 20 volte preponderanti rispetto a quelli di tipo B.

    Inoltre è molto importante la foto-stabilità, cioè la capacità dello schermo di resistere all’esposizione solare. Purtroppo però non è indicata in etichetta. Esistono filtri elevati che con l’esposizione al sole si degradano velocemente. Il regolamento europeo di produzione dei cosmetici è molto restrittivo e dunque ci si può perlopiù fidare dei prodotti venduti nelle farmacie. Più attenzione va posta nelle merci vendute nei supermercati e altri negozi, perché la sfida al ribasso dei prezzi può portare a usare molecole economiche, ma poco fotostabili.

    Il tempo che possiamo quindi trascorrere al sole senza mettere a rischio la salute dipende dal fototipo e da come viene applicata la protezione. Se un fototipo 1 senza crema si scotta in mezzora, con la protezione 16 si scotterà dopo 8 ore (16 volte mezzora). Ovviamente questo avviene solo se il prodotto è buono ed è applicato nel modo giusto. A questo proposito, meglio acquistare la formulazione in crema rispetto allo spray. E nel caso dei bambini, invece di rincorrerli per la spiaggia, è utile optare per indumenti anti UV (A e B), come cappellini e magliette, mettendo la protezione solo sulle parti scoperte. È un grave errore volere bambini abbronzati e “risparmiare” su di loro, scegliendo prodotti economici e usandoli male. Peraltro, e questo vale per tutti, dopo un bagno di 20-30 minuti, qualunque prodotto sparisce, anche il più stabile e resistente. È molto importante sapere che non ci si abbronza in uno o due giorni. Per abbronzarsi davvero, cioè produrre melanina nuova, serve almeno una settimana. Può essere una buona idea prendere integratori a base di betacarotene, vitamine e antiossidanti, che aiutano a contrastare il danno ossidativo causato dai raggi UVA. E dopo l’esposizione è fondamentale spalmare una crema doposole o comunque idratante.

    Diversi sondaggi lo mettono in evidenza: gli italiani sono consapevoli di un aumento dei casi di tumori della pelle e della necessità di una diagnosi precoce per evitare seri pericoli per la propria salute, ma soltanto la metà si protegge quando si mette al sole. Troppi, convinti di non essere a rischio per la carnagione scura, non si preoccupano. Le donne sono generalmente più virtuose degli uomini, molti però non hanno ancora capito che serve spalmarsi la crema prima dell’esposizione e dopo un bagno. Così come resta radicata l’abitudine di stare sotto i raggi ultravioletti nelle ore centrali dalle 11 alle 15, sottovalutando il picco dell’azione delle radiazioni sulla cute. Ancora troppi italiani sottovalutano le scottature gravi durante l’infanzia o l’uso di lampade abbronzanti quali fattori di rischio di tumore cutaneo. Invece chi oggi ha 40 anni o più deve fare particolare attenzione a macchie e nei, possibili segnali di un tumore a causa delle “cattive abitudini” di quando era piccolo. Gli eritemi solari durante infanzia e adolescenza rappresentano infatti un’ustione di primo grado dovuta all’azione dei raggi ultravioletti che determinano anche un danno, “cumulativo” nel tempo, a livello delle cellule dell’epidermide. Pertanto, se da giovani non ci si è protetti, il rischio di tumore alla pelle è sicuramente maggiore.

    Tutto dipende, come sempre, dal buon senso. Evitando i comportamenti scorretti ed eccessivi, che favoriscono invecchiamento precoce della pelle e tumori, i raggi solari possono essere preziosi alleati della nostra salute. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che le radiazioni stimolano la produzione di vitamina D, fondamentale nel mantenere salde e resistenti le nostre ossa e benefica protettrice da determinate malattie infettive e cardiovascolari, che hanno maggiori probabilità di svilupparsi e proliferare in chi ne è carente. Inoltre svariate ricerche hanno provato l’effetto positivo dell’esposizione al sole sull’umore, anche in pazienti che soffrono di depressione. Per quanto riguarda la pelle i vantaggi terapeutici della luce solare sono principalmente legati alla sua componente ultravioletta, che ha un’attività anti-proliferativa e immunosoppressiva locale. In pratica, le radiazioni riescono a spegnere o a diminuire l’intensità di quei meccanismi infiammatori o di quell’iper-attività del nostro sistema immunitario che sono alla base di alcune malattie della pelle. E’ il caso, ad esempio, di psoriasi, eczemi, vitiligine e acne. I pazienti che ne soffrono conoscono bene l’effetto positivo dell’esposizione solare e, generalmente, vedono un miglioramento della loro patologia durante la bella stagione. Con due regole fondamentali: niente eccessi e scottature che portano invece all’esatto opposto, con un aggravamento anche serio.

    Fonte: Corriere della Sera

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